Il forum nazionale sulcibo e la legalità tenutosi a Bologna nei giorni scorsi ha messo in luce molti aspetti dell’alimentazione e produzione “buona”. Utilizzo la parola “buona” per identificare le organizzazioni sane, legali, lecite che producano cibo; aziende per intenderci che non fanno reddito con la contraffazione e che si ispirano ad un mercato etico e non nocivo per la salute. Da qui un vademecum per imparare a fare la spesa. Sono consumatori dotti, quelli che prima di acquistare un prodotto vogliono sapere cosa mangiano, la provenienza della merce, le modalità sulla produzione e sulla serietà del produttore. Nel seminario dedicato all’etica e all’impresa ho ascoltato tanti esperti, si è parlato delle azioni dei Nas, degli interventi della guardia di finanza a tutela di chi ben lavora e di chi ben vuole acquistare. Principale accusato nella due giorni oltre che alle frodi, l’illegalità, la poca etica a vantaggio del business e spesso a svantaggio della nostra salute. Quindi come difenderci dalle contraffazione alimentare? Come acquistare un prodotto buono senza essere ingannati da caroselli promozionali oggi sempre più tecnologici e convincenti? Ci sono delle regole da seguire per comprare eticamente prodotti buoni? Ripercorrendo i passi del Forum che ha toccato ambiti di interesse comune per il consumatore finale e per l’azienda produttrice, stilo un breve vademecum : Leggere l’etichetta è la prima fondamentale cosa da fare. L’etichetta è la carta d’identità di ogni prodotto in commercio. Ma le etichette sono ancora troppo poco chiare, ed è su questo infatti che l’Italia a Bruxelles sta portando avanti una battaglia per potere indicare in etichetta, tra le altre cose, anche dove si trova lo stabilimento di produzione, la sede dell’azienda che produce quel prodotto. Questo per evitare che i prodotti siano solo lavorati o preparati in Italia e magari provenienti chissà da dove. E’ il caso ad esempio di alcune carni, della cagliata ma per chi sceglie una alimentazione vegana e vegetariana il rischio è lo stesso, pensate alla soia: dove può essere prodotta? Certi che sia un coltivazione italiana? E se trasgenica? Oppure pensate ai tanti lavorati sostitutivi di prodotti animali e o derivati animali. Da dove vengono? Come sono stati fatti? Quel prodotto bio, sicuri che lo sia? Un aiutino ce lo possono dare le sigle, i marchi, le denominazione di origine (Dop) così come i prodotti insigniti di Igp nei prodotti a marchio europoeo e le rintracciabilità di filiera; un indicazione sulla salubrità ce la possono fornire anche le certificazioni che alcune aziende adottano su diversi livelli, utili per dare certezza alla sicurezza alimentare. Quando leggete ad esempio certificazione Iso 22055, significa che c’è una tracciabilità delle materie prime, che il produttore vi garantisce. Un’altra celebre è la Iso 9001, poi c’è la certificazione sulla filiera, insomma se l’ente certificatore è serio queste “Iso” e alcuni marchi “Bio” possono indicare la strada degli acquisti.
